Lo scorso anno fui protagonista di un evento che, all'insaputa degli organizzatori e del pubblico, mi riportò indietro di mezza vita e più.
Nel pomeriggio avevo presentato APNEA al Festival "Parole Erranti" di Calabria e la sera, dopo una cena in cui spavaldamente sfidammo la calura con la tipicità extraforte dei prodotti territoriali, accettai alcolizzato l'invito birbante di Andrea Giannasi a partecipare a Poeti a Duello, format con il copiraitt (da leggere aspirando) di Gianluca Pitari e della Masnada.
Zigzagando lungo il vialetto che portava al palco, in un barlume di lucidità, mi sovvenne che non scrivevo poesie dalla terza media e che, soprattutto, non avevo testi da leggere nella disfida.
- Sei uno scrittore... scrivile ora! - mi disse sornione il toscanaccio.
Vuoi un po' perché non so dir di no, vuoi per il piacere psicofisico che provo scrivendo anche se fosse la compilazione di un bollettino postale, vuoi perché adoro giocare... scrissi.
Presi il taccuino moleskine avana (che ho ritrovato stamattina, proprio nei giorni in cui si parlava di Poesia con Simone Di Biasio, vincitore del primo Poeti a Duello del Terracina Book Festival) e buttai giù quella che ricorda una filastrocca, canzonatoria come mio stile, e la recitai trenta secondi dopo averla finita (un po' alla Fabrizio Gabrielli, che però fa roba seria, tipo rap):
DIFETTO DI PRONUNCIA
Cambia sempre le parole
pur se ciò egli non vuole,
perché è cosa assai inusuale
aver la lingua tale e quale
a una fetta di melone
tutta molle ed arancione
e coi denti zigrinati
che son peggio che cariati.
Cambia sempre la vocale
questo assai lo fa star male.
Non volendo, a dir pochino,
un bel giorno andò a Pechino
e mangiò un buon pachino.
Cambia anche consonanti
confondendo tutti quanti.
Quando ha fame di gelato
chiede al barman un pelato.
Quello, allora, essendo calvo
non lo lascia sano e salvo
dando un pugno nel suo occhio
e chiamandolo "Finocchio!".
"Pinocchio a me?" urlò il ragazzo
strabuzzando gli occhi a pazzo.
"Chiesi solo un como pelato"
disse indicando le vasche gelato
"al gusto di fregola e timone".
Il calvo, allora, capito il difetto
smorzò i toni e sgonfiò il petto.
La morale al fin qual'è?
Non lo so nemmeno me.
So solo che non merita denuncia
chi ha difetti di pronunica.
Contro ogni logica intellettuale, ma forse con un pizzico di logica emozionale, la giuria popolare mi fece passare il turno. Contento della mia interpretazione (la vanità dell'attore...) me ne tornai a posto. Dopo alcuni attimi di ebeti sorrisi alcolici mi ricordai che il secondo turno presupponeva una seconda poesia. Che non avevo. E allora giù di penna nera sul quadernino a righe. Stavolta lascio la commedia e torno al giallo. Giusto in tempo. Si torna in scena!
Un giallo in bianco e nero su una tv a colori
Bang! Bang!
Qualcuno muore.
Da cosa me ne accorgo?
Non certo dal rumore
che non ha colore.
Neanche dal bianco e nero
che mai si macchia di rosso vero.
Forse dal corpo che cade
come sasso in uno stagno
di cemento stradale,
lasciando solo la scia del suo "Amen!"
Passo anche il secondo turno. E un po' comincio a vergognarmene. Anche perché c'è gente che merita davvero: Mimma Visone legge le poesie di non ricordo chi, ma ne ricordo bene la qualità. C'è Carmine Torchia che ha lo sguardo dei poeti, quelli veri.
Non sono un poeta. Sono uno scrittore. Sì, spazio da un campo all'altro come un onesto topolino di campagna che cerca solo di portare a casa il suo pezzettino di formaggio, senza spaventare contadine avvezze a combattere con animali di grosso calibro.
Altro turno, altra poesia. Cazzo! E sta anche svanendo l'effetto del Cirò rosso!
Ho un flash. Oggi, alla presentazione di Apnea, Giannasi ha giocato confondendo il pubblico sulla duplicità della mia persona/personaggio, fra Massimo Lerose e il suo alter ego letterario Eduardo Scarpa. "Che stupido! Neanche in punto di morte mi levo il maledetto vizio di sorridere alla vita" disse una volta Eduardo. Perché ci piace scherzare, l'ironia, il "ridere, ridere, ridere" (Cit. Ettore Petrolini). E allora arrivo al microfono con ancora la penna in mano, prendendo tempo mentre metto l'ultimo punto esclamativo.
Sonno io?
Essere... ri-essere.
Oggi sono stato lui
ma in realtà ero io...
Eduardo o Massimo?
Al massimo Eduardo!
Sono... sonno...
con due enne...
due lettere...
due me...
Sì, sonno io!
Finalmente mi eliminano. Mi siedo e ascolto i finalisti. Per la cronaca vince un grandissimo Carmine Torchia. Ma io ho ancora carta e penna in mano. E sono pericoloso. Il cielo natìo è pieno di stelle, ma è roba da poeti. Io sono uno scrittore e osservo i dettagli. Come quella tastiera da cui un musicista eccezionale accompagna le letture. La penna va di pari passo all'associazione di idee. "Quattro righe buttate lì" è il titolo del primo capitolo del mio primo romanzo. E quattro righe giacciono da più di un anno sul taccuino moleskine avana. E ve le lascio anche qui.
Jazz
Dita veloci
che picchiano
incolpevoli tasti
senza discriminazione razziale.