Posto di nuovo il mio racconto pubblicato sul numero 46 della rivista letteraria PROSPEKTIVA. Sia perché la scorsa volta, non ancora a mio agio con la vera natura di questo overblog, l'ho inserito in una delle finestre che non riesco più a ritrovare (la casa è spaziosa...), sia perché vorrei farvi riflettere sulla differenza di vedute fra gli adulti e i bambini. Mi ritengo avvantaggiato e al contempo fortunato di poter lavorare coi bambini tanto da sfiorare la comprensione dei loro pensieri cosidetti laterali... e con questo mio racconto voglio portarvi con me alla loro stessa altezza, quella che, in fondo, fino a qualche anno fa era la nostra stessa altezza. Buona lettura.
GLI OCCHI DI EKO
Un racconto di Massimo Lerose
La polvere giallo ocra si addensava a bassa quota, a pochi centimetri dalla terra rosso carne-di-manzo dove tante gracili e fulminee gambe marrone corteccia-di-quercia si intrecciavano e si rincorrevano per arrivare per prime sul pallone grigio cartastraccia.
Eko era veloce come il suo sorriso bianco zanna-di-elefante, bello come i suoi sette anni colorati di arcobaleno e nero come la sua Africa.
- Passa! – gridò al compagno di squadra con le scarpe, smarcandosi vicino la porta avversaria – Dai, passa a me!
Il piccolo Nelson arrivò sul fondo e, con l’aiuto della scarpa sinistra azzurro mare-radente-spiaggia, crossò verso l’amico.
Eko guardò la palla grigia volare nel cielo blu e fu quasi accecato dalla luce bianco-gialla uovo-caduto-in-terra che il sole di mezzogiorno emanava verso il continente che chiamava “casa”. Il ragazzino chiuse gli occhi e, staccati i piedini bicolore e nudi da terra, saltò verso il punto dove il grigio della palla e il nero della sua fronte si sarebbero incontrati per dar vita a un colpo di testa degno di Pelè.
L’impatto. Poi la traiettoria, scia luminosa giallo polvere. Infine il gol, arancione come il colore preferito di Eko. L’esultanza fu solo la giusta conseguenza: Eko corse ad abbracciare Nelson, l’unico della squadra ad avere un paio di scarpe.
- Com’è andata la partita? – chiese il papà al piccolo Eko che masticava un variopinto couscous.
- Abbiamo vinto – rispose il bimbo con la bocca piena di cibo colorato – e io ho segnato il gol della vittoria.
- Tu sei il migliore, figlio mio – si pavoneggiò l’uomo sorseggiando una birra ambrata – proprio come tuo padre.
Eko lo guardò pensieroso – Veramente è stato Nelson il più bravo.
- Nelson?
- È lui che mi ha passato la palla.
- Chi è Nelson?
- Uno della mia squadra.
- Non c’è nessun Nelson nella tua squadra.
- Sì… è nuovo.
- E com’è fatto?
- Ha le scarpe.
Il papà di Eko scolò la sua birra e gettò la lattina bianco-verde nella busta azzurrina per l’immondizia – D’accordo, ma dimmi almeno com’è fatto: è alto, è basso, magro, grasso…
Eko si pulì il musetto con un tovagliolo viola coi fiori rosa – Ha le scarpe.
Il giorno dopo papà Youssouf accompagnò Eko al campetto. C’erano già molti bambini, tutti con le loro inconfondibili gambe agili e nero gazzella-che-danza. L’uomo si guardò intorno, ancora incuriosito dalla storia di “Nelson quello con le scarpe”; non riusciva a vedere alcun bimbo con le scarpe. La terra rosso carne-di-manzo veniva calpestata da piante di piedi tutt’altro che verde chioma-di-albero. Nessun giocatore aveva le scarpe. Youssouf si rassegnò a quella che pensava fosse una fantasia di Eko e dei suoi sette anni.
- Papà, papà! – urlò il piccolo goleador correndo verso il genitore che si era sistemato sulla malandata tribuna – Ti ricordi di Nelson?
- Certo – sorrise l’uomo – scommetto che oggi non è venuto.
- No, eccolo lì – disse Eko indicando il centro del campo – è appena arrivato.
Youssouf guardò con i suoi occhi marrone nocciola-del-Kenia a cui stentò subito a credere – Ma…
- Lo vedi, papà?
L’uomo vide un bambino bianco latte-di-mandorla, coi capelli biondo balla-di-fieno, gli occhi blu cielo-di-notte e le scarpe azzurro mare-radente-spiaggia – Quello è Nelson?
- Certo, è l’unico con le scarpe.
- Ma… ma è bianco!
Eko guardò il padre dubbioso, poi osservò meglio l’amico che gli sorrideva a centrocampo e, sicuro di quello che diceva, rispose – No, papà, ti sbagli. Azzurro… le scarpe di Nelson sono di colore azzurro!